Politica ed informazione, chi tira le fila?
L’ansia che il tam tam sicuritario suscita nelle persone trova sempre più spazio sui mass media. O meglio, nella realtà in cui vivo sono molto spesso giornali, telegiornali e i meanstream in generale che con il loro martellamento mediatico creano questo sentimento di paura e di bisogno di maggior sicurezza.
Probabilmente fatti di cronaca e media agiscono per reciproca influenza e si autoalimentano in una voragine nella quale purtroppo faccio fatica a vedere uno spiraglio d’uscita…
La capacità critica delle persone mi pare sia sempre minore. Vuoi perché il tempo per approfondire facciamo sempre più fatica a ritagliarcelo, vuoi perché questo sistema massmediatico sempre più globalizzante tende a lobotomizzare il pensiero e lo spirito critico.
Il potere dei media è quindi sempre maggiore, la verità assoluta è quella scritta sui giornali. Mi è capitato più volte di vivere in prima persona situazioni che hanno avuto eco sui giornali locali e dove parlando con la gente, la mia versione dei fatti da persona presente fisicamente sul luogo venisse messa in discussione o relativizzata, perché non coincideva con quella dei giornalisti locali. Giornalisti che in alcune di queste occasioni non erano nemmeno presenti e hanno ricostruito i fatti partendo da comunicati di polizia o notizie apparse in rete. Giornalisti che forse la deontologia professionale non sanno nemmeno cosa sia e che comunque, anche se così non fosse, mi chiedo come facciano a ritenersi sempre e comunque oggettivi e "al di sopra delle parti". Non credo che sia necessario leggersi tomi di sociologia o psicologia per capire che ogni persona guarda ed elabora fatti ed avvenimenti partendo da un vissuto che per forza di cose è personale e soggettivo. Gli psicologi culturali utilizzano la metafora degli occhiali che si indossano nell’osservare le situazioni. E questo vale per tutti, anche per i giornalisti!
Questo dovrebbe farci riflettere e non poco. Dovrebbe servirci a guardare con occhi diversi, più critici, verso quanto leggiamo, vediamo o ascoltiamo. Dovrebbe obbligarci ad approfondire le notizie e cercare sempre più fonti, confrontarle ed andare al di là del mero fatto di cronaca fine a se stesso. Se poi ci aggiungiamo il fatto che i giornali meanstream non sono per niente liberi, ma devono sottostare pure loro alla lobby del mercato e dei suoi finanziatori, questa attenzione dove essere ancora maggiore.
Purtroppo però mi rendo conto che l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso l’informazione è sempre più acritica, permettendo così ai media meanstream di assumere un ruolo di potere in grado di influenzare le coscienze, le opinioni e gli atteggiamenti delle persone.
Sì crea così un sistema di azione-reazione tra media e decisioni politiche (come ad esempio la legalizzazione di nuovi strumenti repressivi) che nella sua logica perversa ha un senso.
La domanda che mi sto ponendo da un po’ è la seguente: è la politica ad essere funzionale all’informazione o è l’informazione ad essere funzionale alla politica?
Approfondire questa relazione credo possa essere un primo passo per poi chiedersi come sia possibile spezzare o interrompere questo meccanismo perverso.